L’IMMAGINE ORIGINALE DELLA PAGINA DI REPUBBLICA, COME SI PUO’ NOTARE, RIPORTA AD UN ORGASMO DI UNA DONNA PROBABILMENTE BORGHESE, MAGARI OTTIMA CLIENTE PER FARSI CONTROLLARE E DOMINARE LA MENTE DA ALTRUI PERSONE, IN CAMBIO DI UN ORGASMICA ESISTENZA VIRTUAL-CIBERNETICA, OVVIAMENTE A PAGAMENTO (IL SERVIZIO).
ALTRO che "Sex and the City": secondo i
ricercatori della Oxford University la prossima rivoluzione sessuale sarà
quella del "sex and the chip", ovvero del chip da impiantare nel
cervello per stimolare l'orgasmo. La scoperta nasce dopo anni di studio in
materia di "deep brain stimulation", tecnica finora utilizzata per
curare, ad esempio, i disturbi dell'apparato uditivo e visivo. Perché dunque
non approfittarne per lenire anche quelli sessuali?
Questa domanda se la pose per primo, una decina di anni fa, il dottor Stuart
Meloy, neurologo dell'università del North Carolina, che sperimentò con successo
su una donna uno stimolatore cerebrale del piacere. Purtroppo però la paziente
decise di farsi rimuovere l'apparecchio perché non riusciva ad adeguarsi ai
nuovi impulsi.
La ricerca degli scienziati inglesi si è oggi concentrata sulla corteccia
orbifrontale, situata dietro agli occhi e legata alle sensazioni di benessere
provocate da cibo e sesso. Il professor Morten Kringelbach, membro anziano del
reparto di psichiatria dell'università di Oxford, ha rivelato che questa parte
del cervello potrebbe essere una nuova chiave di stimolo per aiutare chi soffre
di anedonia, che è l'incapacità di provare sensazioni piacevoli. I risultati
dell'indagine sono stati segnalati sulla rivista "Nature Rewiews
Neuroscience".
"La stimolazione corticale con microchip non è una novità", spiega il
neurologo Carlo Sebastiano Tadeo, dell'istituto clinico Santa Rita di Milano.
"Ma finora la sua applicazione si è rivolta per lo più alla cura di
malattie come il Parkinson. Credo comunque che una scoperta del genere potrebbe
essere perfettamente efficace: il nostro cervello è composto da centraline che
pilotano le cosiddette "vie ultime finali", vale a dire quei processi
biochimici che determinano le sensazioni. Dietro al dolore e al piacere c'è
anche una componente psicologica, ma la stimolazione di zone della corteccia
circoscritte e mirate porta sempre a risultati significativi".
Secondo alcuni esperti, però, questa scoperta potrebbe avere dei risvolti
negativi sulla vita di coppia. "La sessualità è comunque relazione",
spiega la psicologa Elisa Mondonico. "Dubito che tutto si possa risolvere
con la stimolazione neuronale. In casi gravi e invalidanti, tuttavia, un aiuto
esterno potrebbe essere di conforto".
Il professor Giorgio Rifelli, docente di psicologia e psicopatologia del
comportamento sessuale presso l'università di Bologna, crede invece che un
apparecchio del genere potrebbe scatenare meccanismi di competitività e
frustrazione nel partner: "Si tratta di un qualcosa di non molto diverso
da un vibratore, a pensarci bene. La vita sessuale, all'interno di una
relazione, potrebbe risultare seriamente danneggiata dall'utilizzo di uno
stimolatore esterno, non naturale. Enfatizzare l'orgasmo come momento unico del
rapporto sessuale è sbagliato e l'utilizzo di un chip finirebbe con annullare
quel gioco di desideri che è l'essenza più viva di ogni relazione".
L'applicazione del microchip, che verrebbe impiantato direttamente nel
cervello, richiederebbe inoltre, dal punto di vista chirurgico, una serie di
operazioni complesse. "Quando la tecnologia verrà migliorata potremo
controllare più zone cerebrali. Il chip dovrà essere sottile e potrà essere
acceso o spento a seconda delle necessità - ha detto il neurochirurgo Tipu
Aziz, anche lui coinvolto nello studio - Tra dieci anni le applicazioni saranno
stupefacenti: oggi non conosciamo neanche la metà di tutte le potenzialità di
questa scoperta".
In Italia, secondo una ricerca della Società Italiana di Medicina Generale,
l'anorgasmia colpisce circa il 30,1% delle donne. Stando a uno studio del
Primary Care Sciences Research Centre della Keele University, in Gran Bretagna,
questo disturbo spesso ha origini genetiche, salvo casi di incapacità dovuta a
traumi o a condizioni psicologiche soggettive. "Sono poche però le donne
che avvertono l'anorgasmia come un vero problema", conclude Rifelli.
"La nostra università fornisce ad esempio un servizio clinico di
sessuologia, ma la domanda di aiuto è modesta. Eppure i dati che abbiamo ci
dicono che è un disturbo diffuso. Questo, a mio avviso, dipende dal fatto che
le priorità della donna di oggi sono principalmente la carriera e la maternità.
Femminilità e vita sessuale soddisfacente vengono considerati aspetti
secondari, se necessario anche da sacrificare".
(27 dicembre 2008)